“C’era una pagina di Proust vibrante di indignazione per i massacri perpetrati dagli speculatori ai danni del patrimonio artistico del nostro Paese “coperto di capolavori”, che mi pare valga la pena ricordare qui, in questo testo scritto per un artista come Enrico Benaglia, le cui fragili architetture di carta, di sughero, di conchiglie, di biscotto e di nubi funzionano – tra l’altro - come emblemi di un innamoramento continuamente deluso, di una passione crudelmente frustrata per un ordine architettonico in rovina, per un’armonia urbanistica e civile perduta, sembra oramai senza rimedio, in quest’era della volgarità trionfante…”.